Video virale Intesa Sanpaolo: chi non ha peccato, scagli la prima pietra!

Un’analisi della questione del video di Banca Intesa messo alla gogna da troppi leoni da tastiera

Prendete la filiale di una banca di un paese di provincia. Aggiungete un gruppo di dipendenti che accetta (senza remore) la partecipazione ad un contest aziendale, con l’obiettivo di creare un po’ di sana competizione tra le varie filiali, ed il gioco è fatto!

Questi sono i semplici ingredienti che hanno fatto sì che la direttrice e il team di collaboratori della filiale di Banca Intesa di Castiglione delle Stiviere, finissero alla gogna solo per aver accettato una sfida tra uffici.

Un video goffo e grottesco girato a inizio estate e rimasto all'interno dell'azienda fino alla scorsa settimana, quando è esplosa la sua viralità. Katia, la direttrice, afferma cantando che lei “ci sta!”, “ci mette la faccia”, e i suoi dipendenti, impacciati e timidi, si presentano con i loro nomi e cognomi e dichiarano che anche loro accettano di far parte del gioco.

Tutto sereno e tranquillo fino a quando, non si sa come o per opera di chi, il video per il contest aziendale finisce in rete e diventa immediatamente un caso di stato: sul web non si parla d’altro, è in prima pagina su ogni canale social, sui motori di ricerca appare digitando solo poche lettere.

E se fosse solo questo, il problema non sussisterebbe… Invece la direttrice della filiale del mantovano viene assalita da offese, commenti a dir poco frustranti e addirittura da azioni di instant marketing da parte di vari marchi più o meno attivi sui social.

Registi, copywriter e video maker lavorano proprio per la viralità dei video che girano, e quando un contenuto lo diventa, si sa, bisogna prenderne il bello e il brutto. Ma quando il video viene girato da un gruppo di persone che di mestiere fa tutt’altro, che si mette in gioco rispondendo a uno stimolo della direzione dell’azienda per la quale si lavora, tutta la cattiveria del caso è concepibile? È su questo che vogliamo fermarci a riflettere.

Richiesta di dimissioni, prese in giro sull’aspetto fisico, inviti a rivolgersi a un ospedale psichiatrico, sono solo alcune delle terribili offese ricevute dalla signora Katia che si è vista costretta a eliminare la sua immagine dai social proprietari e personali per tutelare innanzi tutto la sua professionalità.

Quello che mi chiedo è: chi l’ha detto che un gruppo di operatori bancari guidati dalla sua direttrice debbano essere bravi cantanti o esperti registi? Perché chiedere il licenziamento di una direttrice di banca che può essere bravissima a consigliare soluzioni di investimento ma non a intrattenere un pubblico tramite un video? Perché non pensare che dietro a questa questione c’è un gruppo di persone, che, al di là della loro professionalità, sono semplicemente esseri umani con i loro caratteri e le loro inclinazioni? Perché non riuscire ad ammettere che essere impacciati di fronte allo schermo può essere del tutto normale e concepibile?

Credo che il mondo del web sia molto insidioso, e che per saperci stare nel modo giusto e trarne risultati positivi debba essere conosciuto e studiato. Credo anche che l’immagine aziendale debba essere affidata a professionisti seri e preparati. Così come sostengo che la propria immagine personale debba essere curata adeguatamente soprattutto se siamo professionisti e ci esponiamo nel mondo del lavoro.

Ma chi non ha mai girato un video privato buffo, goffo e grottesco come quello di Banca Intesa? Chi tra amici, o anche tra colleghi, non ha fatto facce strane o ha provato a intonare una canzone davanti allo schermo di un cellulare?

Chi non ha peccato, scagli la prima pietra!

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Martina Librizzi

Curiosa, intraprendente e convinta che il digital sia il futuro; indosso sempre il sorriso!

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