Musei italiani e comunicazione digitale: a che punto siamo?

I musei stanno cominciano a migliorare la propria comunicazione digitale. Questo, ormai, non è più un segreto. Ma i musei italiani a che punto sono?

Innovazione, presenza sui social, storytelling, digitale… sono tutti concetti che si mischiano fra loro quando si parla di comunicazione museale. O meglio, delle nuove strade che la comunicazione museale può intraprendere. Nuove strade che dovrebbero, per esempio, andare al di là di un semplice sito vetrina talvolta fatto male e, nel caso di musei statali, spesso vincolato a ricalcare modelli obsoleti. Nuove strade destinate, invece, a raccontare il museo e tutto ciò che gli ruota attorno al fine di coinvolgere, emozionare, interessare ogni tipo di pubblico. Le storie piacciono a tutti, no? E i musei, di storie da raccontare, ne hanno a volontà.

Prima di entrare nel merito di musei italiani e comunicazione digitale, consideriamo un paio di numeri. L’anno scorso, ovvero nel 2016, l’Osservatorio per l’Innovazione Digitale nei Beni e nelle Attività Culturali ha condotto uno studio campione su 476 musei. Diciamo, quindi, su un 10% delle strutture a oggi presente in Italia. Fra i risultati, è emerso che solo il 52% ha almeno una pagina social, mentre meno del 20% dispone di servizi digitali per migliorare la fruizione delle opere. Cosa vuol dire? Per citare il caso più semplice, vuol dire che ben pochi musei hanno, per esempio, un catalogo online delle proprie opere – magari arricchito da approfondimenti di vario tipo – per permettere oltre alla visita fisica anche una visita virtuale. (Per la cronaca: in Olanda, il Rijksmuseum lo ha fatto da tempo).

Inoltre, nella sua analisi sui musei social, lo studio ha evidenziato come la maggior parte dei post riguardi messaggi promozionali o segnalazioni di eventi. Giusto, per carità, ma non sufficiente a creare – come si suol dire – “engagement”, ossia a coinvolgere. Ciò che coinvolge davvero è altro. Come è scritto nel report dell’Osservatorio: “Molto apprezzate sono le rubriche in cui vengono proposte opere del museo o racconti di storie che ruotano intorno ad esse, ad esempio su particolari personaggi: solo chi offre contenuti di valore sulle opere esposte e sulle storie che ruotano intorno ad esse, infatti, riesce a creare engagement.”

Le storie, di nuovo. E aggiungo: storie che non solo coinvolgono, ma prolungano l’esperienza del museo al di là della visita fisica. Mica si scherza quando si dice che “il contenuto è il re”!
In Italia, comunque, c’è chi lo sta facendo. Il Mart di Rovereto è stato uno dei primi musei italiani a mettere a punto una sua comunicazione digitale. Il suo canale YouTube raccoglie numerosi video fra cui i teaser delle mostre temporanee, i “dietro le quinte” degli allestimenti (#martatwork), brevi spunti sui progetti educativi e le attività in rete di cui il museo è parte. Il Mart, però ha saputo andare anche oltre i social implementando di recente il Martmuseumbot: una guida digitale e interattiva su Telegram e Messenger. Ricca di curiosità, aneddoti, spunti e – appunto – storie, sfrutta la comunicazione informale della chat per proporre al visitatore un percorso su misura e un contatto diretto con il museo. Attraverso i sistemi di messaggistica, il visitatore può infatti interrogare direttamente il museo e ricevere informazioni e approfondimenti in modo facile e immediato. Sicuramente, vicino allo stile comunicativo delle nuove generazioni.

Dall’estremo Nord della penisola fino all’assolato Sud, anche il Museo Archeologico di Napoli ha implementato un progetto di storytelling e gamification (in pratica, racconto e gioco) che permette di estendere l’esperienza del museo oltre la visita. Si tratta dell’app Father & Son, un vero e proprio gioco illustrato a scorrimento 2D che accompagna l’utente fra le meraviglie dell’antica Napoli e del museo stesso, con contenuti fruibili da remoto oppure sbloccabili in loco, durante la visita fisica delle sue sale.

Se da una parte le percentuali ci restituiscono un quadro ancora arrancante, dall’altra verrebbe da citare Galileo: “Eppur si muove”! Nei musei italiani, le sperimentazioni in fatto di comunicazione digitale cominciano a farsi strada. Storie illustrate, raccontate, scritte, animate, giocate, e chi più ne ha più ne metta: l’importate è che la comunicazione digitale non si sostituisca al contenuto, ma lo aiuti sempre di più a diventare un messaggio accessibile e di qualità.

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Chiara Zucchellini

Copy e Project Manager - Scrivo sempre e dovunque. Ogni tanto disegno. Mai pentita di aver studiato Storia dell’Arte, nel tempo che rimane mi occupo di promozione turistica.

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