I messaggi vocali su Whatsapp sono tra i miei buoni propositi per il 2023. Ma il proposito non è “non usarli”, sarebbe una cosa troppo da boomer (sia il non usarli che il lamentarsene eccessivamente) e tra gli altri miei buoni propositi del 2023 c’è il ricordami che sono una millennial e non una boomer, sebbene mio figlio mi “cringi”.
Ovviamente non amo i messaggi vocali, ma non posso nemmeno dire che ogni tanto non facciano comodo. Anche se sarebbe importante che la comodità valesse sia per il mittente che per il destinatario.
I messaggi vocali, soprattutto su Whatsapp ma non solo, cominciarono a permeare le nostre vite dal 2017, nel 2018 The Esquire ci fece un articolo che noi tutti odiatori dei messaggi vocali ci ricondividevamo senza sosta per complimentarci con noi stessi. Da allora la moda del vocale non è per niente sparita, ma ha assunto svariate sfumature.
Correva l’anno 2018 e la nostra giovanissima social media manager - classe ‘93 - usava i messaggi vocali come il pane, anzi di più, perché era sempre un po’ a dieta. Una volta cedetti e gliene mandai uno io chiedendole scusa per il messaggio vocale. E lei mi rispose sinceramente stupita del fatto che io chiedessi scusa per un messaggio vocale. Il gap generazionale, agli albori dei vocali, era evidente e senza pietà.
Confesso che io tutt’oggi mi scuso per ogni messaggio vocale all’inizio di ogni messaggio vocale “Scusa il vocale, ma…” Forse manderei messaggi vocali molto più brevi se evitassi questa (falsa?) forma di cortesia.
Con Antonio, lo sviluppatore, lo facciamo sempre, soprattutto quando dobbiamo descrivere comportamenti dei siti e delle persone sui siti. Effettivamente è più semplice, funzionale e comodo. Meglio se, come Antonio, rimani efficiente ed efficace in pochi secondi e non ti dilunghi, come me tra pause e battute e finisci irrimediabilmente per superare il minuto e mezzo.
Anche Antonio esordisce sempre con le scuse per il messaggio vocale. 😉
Non so… Giuro di aver visto in palestra una ragazzina - direi classe 2004 - ascoltare un messaggio vocale di quindici minuti come se fosse una cosa del tutto normale.
Ho anche scoperto, grazie alla social media manager di alcuni clienti - classe 1996 - l’esistenza dei messaggi vocali su Skype. Non sono stata bene.
Eppure nel gruppo Whatsapp con il social media team del Pisa Folk Festival, con almeno 8 appena-ventenni, neppure un messaggio vocale. Nemmeno uno.
Tutto ciò forse dimostra che i molto giovani hanno interiorizzato lo strumento e lo usano correttamente?
Questa è la vera scoperta di fine ‘22: mi hanno dimostrato che i vocali possono essere molto funzionali, se usati bene.
Dovevo scrivere in pochissimo tempo, brevi descrizioni per eventi abbastanza diversi tra loro. La mia committente, coetanea, mi ha chiesto il permesso di inviarmi vocali per spiegare il contenuto dell’evento e gli obiettivi che doveva avere il mio breve testo insieme a info tecniche (nomi, date, allegati) mandate per email.
Ho accettato ed ha funzionato benissimo: avremmo dovuto fare una breve chiamata/riunione perché lei potesse spiegarmi ogni volta tutto, ma data la mancanza di tempo e la comunicazione univoca, il vocale ha funzionato alla perfezione.
Alla luce di tutto questo, quindi, non vi stupirete che il mio proposito per il 2023 sarà mandare "messaggi vocali meglio" su Whatsapp. No, su Skype non li manderò più.
Questi i 5 punti che essenziali per definire “meglio” un messaggio vocale (spero valgano per me come per chi li riceve):